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Giampietro Agostini photography
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Testo di Laura Leonelli
Umani, 1993


Giampietro Agostini - Bagnanti - reportage

[...] La spiaggia e i suoi abitanti. Spunto, le fotografie aeree [...] .

Fuori dall'ottica del reportage estivo, affidandosi solo al rigore del bianco e nero e alla discrezione di una distanza di sicurezza, Agostini torna sul luogo delle prime osservazioni, i litorali della costa ligure, pronto a ricominciare da capo. Partendo dal suo essere fotografo. L'immagine d'apertura, un uomo che osserva immobile lo spettacolo che si stende ai suoi piedi, altri non è se non il fotografo stesso che svela al lettore le condizioni e la metodica della sua visione: lontana, calma, apparentemente neutrale. «Mi comportavo come se avessi dovuto riprodurre un quadro. Rimanevo fermo. Dovevo solo guardare ciò che accadeva davanti a me e comporlo». Mai invadente, gli occhi sereni di chi si affaccia al balcone, i gomiti appoggiati alla balaustra, e guarda giù il via vai degli arrivi e delle partenze. Spazio "storico", perché in grado, anche se per poco tempo, di conservare le tracce di ogni passaggio, la spiaggia ospita nel corso della giornata un'umanità varia, composta da uomini, donne, vecchi e bambini, pronti a concedersi ai primi tepori estivi, ricostruendo, pur senza le divisioni dello spazio domestico, le dinamiche della vita familiare, le sue gerarchie, i suoi affetti, i suoi riti. Persino gli oggetti, sedie, tavolini, plaid e radioline, raccontano gli interni e gli arredi di quelle case a cui presto si farà ritorno.

Non ci sono protagonismi. Il nome di Miami Beach, richiamato dalla scritta stampata su di una borsa, è solo un ricordo lontano, una realtà improponibile qui se non come termine di confronto. Non c'è nulla di eroico in questi corpi, nulla di scultoreo. La vanità dei muscoli ben modellati e generosamente offerti, così come l'esotismo di mondi sconosciuti, sono pensieri a cui solo qualche rivista di moda e bellezza, sfogliata distrattamente, richiama per dovere di cronaca. Non ci sono palme qui, ma solo un muro che concede ombra e riparo. Non ci sono ristoranti, né parei colorati, ma sacchetti per colazioni veloci e spesso indigeste. Un panino, il caffé conservato tiepido nel termos e poi l'abbandono al sonno. Il fotografo non giudica la scena. Il suo sguardo ricostruisce, forte di precedenti ricerche sulla periferia, luogo caro alla cultura italiana non solo fotografica, una giornata di riposo e di incontro. Con l'affetto di chi forse ricorda questa massima di Elias Canetti: "Non potremo mai più odiare chi abbiamo veduto dormire".