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Giampietro Agostini photography
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Testo di Roberta Valtorta
MilanoCittàAperta
journal of urban photography

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italian below


Giampietro Agostini - Public

Public

At a certain point of our contemporary history men started to show themselves, their faces, their bodies, always in increasing and forced ways, both directly, and through the exhibition of their image. As the signs of the traditional "status" lost their meaning up to disappearing, in the society of ripe and liberal capitalism, that is defined as postmodern but also as iper-modern, the body itself has become a media through which we try to impose our own sexual and social identity. That's why the advertising manifesto, as well as its twin brother - the political manifesto -, have turned out to be very persistent, even if certainly not new, and ideal for the urban background, the main theatre of that "showcasing" process (as Vanni Codeluppi would call it) in which we are absorbed.Politics and advertising shake hands: the same faces, the same winking eyes, the same smiles, the same skin.More changeable is advertising, which easily launches in the city not just faces but scantily dressed bodies, which burst with a stereotyped health, and private poses are violently made public; more rigorous, up to now, are politics, which remain anchored to the face presented as a mask of optimism and serenity; but also the circus, cinema and art appeal to the manifesto, trying to talk to the evermoving multitudes in the urban spaces.

Giampiero Agostini has been shooting manifestos for a few years, and has now created a huge collection of bodies and faces coming from these different worlds, apparently faraway from each other but closer in facts.He mixes the two, as they are, anyway, always presences performed on the city-stage, presences aimed at exchanging goods and at showing feelings, ideas, sexuality, free time, political choices. Here and there, in the story, the form of an empty billboard, a mute rectangle which evidences itself in the urban structure, waiting for some more figures, can turn out to be a politician, an actor, a model, an athlete, ready, or better still, forced, to become public, non-existent if they don't become public.


Public

In un punto della nostra storia contemporanea gli uomini hanno iniziato a mettere in mostra se stessi, i loro volti, i loro corpi, in modo sempre crescente e coatto, sia direttamente, sia attraverso l'esibizione della loro immagine. Man mano che nella società del capitalismo maturo e liberista, quella che viene definita postmoderna, ma anche ipermoderna, i segni di "status" tradizionali hanno perso significato fino a venir meno, il corpo in sé è diventato uno strumento di comunicazione attraverso il quale tentare di imporre la propria identità sessuale e sociale. Per questo il manifesto pubblicitario, insieme al suo fratello gemello - il manifesto politico -, si sono rivelati dei medium molto persistenti, seppure certamente non nuovi, e ideali per lo scenario urbano, luogo principe di quel processo di vetrinizzazione (come direbbe Vanni Codeluppi) nel quale ci troviamo immersi. Politica e pubblicità si danno la mano: gli stessi volti, gli stessi occhi ammiccanti, gli stessi sorrisi, la stessa pelle. Più mutevole la pubblicità, che con facilità lancia nella città non solo volti ma anche corpi discinti, che scoppiano di una stereotipata salute, e pose dell'intimità violentemente rese pubbliche; più rigida, per ora, la politica, che rimane ancorata al volto, presentato come maschera dell'ottimismo e della serenità; ma anche il circo, il cinema, l'arte ricorrono al manifesto per cercare di parlare alle moltitudini in continuo movimento negli spazi urbani.

Giampietro Agostini da alcuni anni fotografa manifesti e ha ormai creato una grande raccolta di corpi e volti provenienti da questi diversi mondi, apparentemente lontani e invece vicini. Li mescola tra loro in quanto essi sono sempre e comunque presenze messe in scena nella città-palcoscenico, presenze finalizzate allo scambio delle merci e alla spettacolarizzazione degli affetti, delle idee, della sessualità, del tempo libero, delle scelte politiche. Qua e là, nel racconto, la forma di un billboard vuoto, rettangolo muto che si mette in evidenza nel tessuto urbano, in attesa di altre figure ancora, che si tratti di un uomo politico, di un attore, di una modella, di uno sportivo, pronti, anzi costretti, a diventare pubblici, inesistenti se pubblici non diventano.