Testo di Roberta Valtorta
1 ottobre 1989
Tema gli zingari, il fotografo è costretto immediatamente a misurarsi con un problema altamente rischioso: la forte fotogenicità del soggetto. È noto intatti come ogni situazione che presenti aspetti di emarginazione, diversità, degrado, esoticità, generi facilmente "belle" fotografie, non sempre davvero significative. La fotografia impone sempre alla realtà un trattamento di bellezza, e specialmente alla realtà meno bella, anzi più dura e difficile: questo effetto cosmetico fu messo subito in evidenza da Walter Benjamin in un suo scritto ormai famoso, Piccola storia della fotografia, e con esso il fotografo deve in un certo senso lottare, indirizzando in modo preciso le sue scelte.
Giampietro Agostini lavora dunque sui campi degli zingari intorno a Milano, gli interni delle baracche, i materiali e gli oggetti, i volti molto intensi, disegnati da una cultura diversa dalla nostra e da modi di vita lontani dal nostro tempo. Sceglie un linguaggio di semplicità e di leggerissima staticità. Assente invece ogni spunto di teatralità.
Sceglie, spesso, il ritratto in posa, l'inquadratura ravvicinata che porta l'osservatore a contatto più diretto con i soggetti; descrive il gesto, ma ne misura la carica; preferisce una luce tendenzialmente naturale, non drammatica, e un bianco e nero equilibrato. certamente deciso nei contrasti ma privo di tensioni, di durezze, di compiacimenti. Le sue scelte si orientano dunque verso una "misura" che tende, sul piano visivo, ad aprire un ponte tra la nostra civiltà e quella degli zingari, piuttosto che contrapporle: questa è la chiave grazie alla quale Agostini risolve il problema di un soggetto troppo fotogenico proprio in quanto "diverso".
Ma vi sono alcune immagini che più di altre avvicinano chi guarda a questo particolare mondo, e che di esso parlano in modo più intenso: sono i ritratti "a grappolo", nei quali corpi e volti sembrano nascere gli uni dagli altri, come i rami di un albero dal tronco, come corolle di un fiore composito, in modo plastico e linguisticamente molto ricco di significati, che parlano di stirpe, di forti legami nel gruppo, di antiche vicinanze fisiche. Infine, molte le figure e i volti di bambini, soggetto al quale Agostini è da sempre, quasi teneramente, vicino.